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La povertà delle donne è un elemento chiave per comprendere la complessità delle cause della povertà in generale. Il fenomeno che riguarda il mondo femminile  è infatti originato non solo dalla dipendenza economica, ma anche  dalla povertà educativa, dalla povertà di sottrazione che  deriva da indicatori di ordine sociale  e culturale che producono   discriminazioni e  pregiudizi.

Il lavoro non sempre è sufficiente per ridurre il rischio di povertà,  perché   non in tutte le famiglie indigenti sono presenti  persone attivabili  o occupabili  immediatamente con un’ attività lavorativa.

Ma perché una persona è povera? Parafrasando Lev N. Tolstoj, potremmo dire che mentre tutte le famiglie benestanti, che per la loro condizione economica possono accedere più facilmente a una condizione di serenità e felicità, si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice  in seguito alla sua povertà è povera a modo suo.

Le cause della povertà sono infatti molteplici, di natura famigliare, personale  ambientale, territoriale  e di genere.  la povertà delle donne:   la dipendenza economica  rende le donne soggetti vulnerabili. Riporto a questo proposito alcune parole di Papa Francesco  contenute nella lettera apostolica misericordia  e miseria :  “Non avere il lavoro e non ricevere il giusto salario, non poter avere una casa o una terra dove abitare,  essere discriminati per la fede, la razza, lo stato sociale,  queste e altre sono le condizioni che attentano alla dignità delle persone”.

Il libro di Gianni GarrucciuI poveri non esistono ha ispirato il confronto collettivo, rilanciando  il tema nel dibattito pubblico e     fornendo una fotografia esauriente   sulle condizioni di povertà non solo nel nostro paese, ma nelle diverse realtà  del  mondo. la sua lettura ci aiuta a     conoscere programmi e  strategie  elaborati  dalle organizzazioni  e dalle associazioni nazionali e mondiali.

Si punta prioritariamente a promuovere il lavoro ma, come detto, non sempre questo è uno strumento sufficiente.

Vediamo  allora cosa succede.

Gli ultimi dati  Istat sottolineano  come l’occupazione femminile ad aprile del 2023 sia passata al 52,3 per cento, un numero che va messo in relazione con altri dati  per poterne  comprendere il valore  e il significato.

 Linda Laura Sabbadini, direttrice  dell’ Istat ci spiega:

– Che il divario con gli uomini resta di 17,5 punti.

– Che siamo sempre il fanalino di coda in Europa, anche la grecia fa meglio di noi!

– Che in Germania e Francia il tasso di occupazione femminile è al 70 per cento.

– Che se l’occupazione femminile salisse al 60% il PIL italiano crescerebbe di 7 punti percentuali.

Le donne guadagnano in media il 15 per cento in meno degli uomini. Questo è un altro tormentone, il gender pay gap,  molto evidente nel settore privato. diamo uno sguardo a quel che accade nel mondo dell’ informazione: secondo gli ultimi dati elaborati dall’ Inpgi a  giugno 2022, le giornaliste guadagnano il 18 per cento in meno dei colleghi.  Questo gap economico si allarga con le pensioni e le donne percepiscono il 26 per cento in meno considerando contratti  di lavoro  regolari.

 Le cause?
la lentissima progressione di carriera per le donne sia orizzontale che verticale.

E’ necessario investire sul lavoro femminile, perché  come  afferma l’ autorevole economista Jeffrey Sachs,  così non solo si crea reddito, ma si rendono le donne sempre più autonome sul piano economico  e si  incide sull’abbattimento di   discriminazioni sociali e culturali. infatti è anche la dipendenza economica delle donne all’interno della famiglia a renderle soggetto fragile e vulnerabile per quel che riguarda soprusi e violenza tra le mura domestiche.

La pandemia inoltre ha fatto la sua parte. Infatti    sono aumentate dell’80 per cento le richieste di aiuto al numero antiviolenza 1522. e il  55 per cento delle persone  che si sono rivolte alla Caritas erano donne.

Ma le donne sono esposte anche alla povertà delle guerre. Nei luoghi di rivolte e conflitti,  diventano bottini, bottini di guerra. Segregate, rapite, stuprate. L’ Unicef    nel suo ultimo rapporto, come si legge nel libro di Garrucciu,   denuncia un aumento sconcertante dei casi di stupro, di violenza sessuale e rapimento. Le ragazze sono vittime di un quarto di tutte le violazioni contro l’umanità.

Il corpo delle donne è un   secondo campo di battaglia per affermare la supremazia nel conflitto e la potenza maschile  in guerra e annullare  l’agire e il  pensiero al femminile.  Secondo la cronaca  di metà giugno 2023 le donne violentate  nella guerra in Ucraina sono circa  8 mila, ma si tratta certamente di numeri  sottostimati.

La povertà comincia da bambine. Nei paesi sottosviluppati  sono loro a subire  l’imposizione di matrimoni precoci,  a oggi sono 12 milioni, muoiono di parto perché  troppo piccole e fragili, subiscono la MGF, la mutilazione dei genitali femminili: almeno  200 milioni in 31 paesi  sono state sottoposte  a questa  crudeltà  nonostante sia riconosciuta una violazione dei diritti umani e dei diritti alla salute della persona.

Solo  la scuola garantisce alle bambine una possibilità reale di emancipazione dalla condizione  di miseria e violenza in cui vivono. Da qui l’appello della  direttrice  di Save the Children Daniela Fatarella alla comunità internazionale: “E’ necessario investire   maggiori risorse per  portare la scuola ai bambini e alle bambine che si trovano in condizioni di vulnerabilità estrema”.

La povertà educativa è in aumento e  non possiamo esimerci dal guardare a casa nostra perché  la Sardegna è al primo posto  per abbandoni scolastici,  circa il 22 per cento, la prima regione  in Italia.

Lo è però anche per la quota di esclusione dall’  istruzione  durante la DAD, la didattica a distanza imposta dalla pandemia: il 23 per cento degli studenti e delle studentesse sardi sono stati infatti privati dell’istruzione rispetto alla media nazionale di circa il 12 per cento. Anche su questo  aspetto abbiamo pertanto un primato negativo.     Susi Ronchi