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Da “Bugie, bugie virali e giornalismo” di Craig Silverman – Columbia Journalism School: “Uno dei principi fondamentali del giornalismo è fornire informazioni per aiutare le persone a vivere le proprie vite e comprendere il mondo che le circonda. Questo non si può fare se si promuovono e diffondono news false. Ma troppi giornalisti stanno dilapidando molto del valore di voci e notizie emergenti perché si dedicano alla loro ridiffusione in modo veloce e sconsiderato. I rumors non scompariranno mai. I fattori umani che li fanno nascere e li aiutano a diffondersi saranno per sempre parte della nostra esistenza. La tecnologia che rende possibile la loro rapida circolazione è destinata a diventare sempre più diffusa. Continueremo a vedere notizie non verificate muoversi online”.

Questa combinazione si traduce in una quantità enorme di fatti dubbi a cui parecchie redazioni aggiungono credibilità. Perché con troppa frequenza voci false sono riferite come vere e non vengono aggiornate per farci riflettere sulle smentite. Il che succede spesso in tante regioni italiane, anche in Sardegna. Però, come è stato scritto dallo stesso docente americano e da altri autori, soprattutto oggi che l’umanità è sull’orlo di un baratro per 38 conflitti nel mondo le redazioni devono riaffermare il valore del loro ruolo di filtri competenti: stabilire un confine netto, invalicabile, tra un mondo di informazioni abbondanti, sospette e un mondo di “viscide cazzate e spazzatura virale finta”.

In tutto questo, ricordiamolo lo stesso sindacato dei giornalisti e la gente comune possono esercitare un ruolo decisivo. Chi ha senso critico, mouse e telecomando in mano è libero d’indirizzare altrove le proprie scelte:
può silenziare influencer mangia cervelli, sedicenti anchormen, blogger bravi a predicare la quintessenza del nulla, parolai e mestatori, guastatori del genio militare trasformati in guastatori delle comunicazioni, gattini da testiera pronti a spacciarsi per leoni se a combattere sono gli altri.

Non ci si lamenti della perdita di copie e share: la colpa non è del web, ma della carenza di credibilità e affidabilità. In questo senso nessun cronista dovrebbe mai cedere alle propagande di morte alimentate dall’escalation bellica. Non cadiamo nella trappola delle menzogne fatte circolare da intelligence di superpotenze impegnate a ridefinire i confini geopolitici delle loro sfere d’influenza. Come giornalisti, evitando censure e autocensure, ciascuno di noi può fare la differenza tra la vita e la morte, tra la cessazione delle ostilità e l’avvio di trattative internazionale, tra l’ipotesi di catastrofi nucleari e la definitiva uscita da quest’incubo.  Pietro Giorgio Pinna